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Panta rhei os potamòs
πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός
Tutto scorre come un fiume

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Secondo Eraclito l’Universo è un ininterrotto avvicendarsi di opposti come il giorno e la notte, il caldo e il freddo.
Ogni cosa cambia incessantemente.
Passe-partout topico dell’estetica eraclitea è la teoria del divenire.
Il pensatore idealizza l’universo come un flusso continuo nel quale qualsiasi cosa scorre (Panta Rei).
Eraclito assimila la forma dell’Essere al Divenire, giacché il tutto è subordinato al tempo e alla propria, relativa metamorfosi.

L’infinito è un’astrazione che va ben oltre la comprensione razionale umana, ma che può essere compreso e avvertito attraverso l’immaginazione e la contemplazione. È collegato alla capacità dell’Uomo di superare i limiti della sua esistenza e di congiungersi con qualcosa di immenso e trascendente. Una chiave di lettura di questo concetto la fornisce Giacomo Leopardi con la sua poesia L’infinito. Per Leopardi, “L’Infinito” è un evento della mente.
L’Uomo anela all’infinito per dileguarsi dalla realtà. Il poeta sta sopra un colle dove c’è una siepe che gli inibisce di vedere oltre. Eppure, è proprio quest’impedimento a consentirgli di vedere con la mente cosa c’è più in là.
Dal messaggio di Massimo Massa si evince che, nel parallelo quotidiano con ciò che non può venire enucleato logicamente, l’infinito diviene un ubi consistam per l’Uomo che cerca di scorgere un significato e una relazione con l’ignoto e l’incomprensibile.
Attraverso l’infinito, l’Uomo può sperimentare uno sdoppiamento dell’anima, una specie di dilatazione della sua coscienza che gli permette di entrare in un livello più sublime di intuizione e di cognizione dell’universo.
Sdoppiamento dell’anima che si configura in Microcosmo e Macrocosmo.
Nella filosofia antica e nel Rinascimento, il Microcosmo è l’Uomo in quanto mondo di dimensioni ridotte. Il Macrocosmo, manicheisticamente, è l’Uomo in quanto tipo e rappresentazione dell’universo, che egli riassume in sé.
L’autore rammenta al pubblico che l’infinito raffigura altresì la periodicità della realtà oggettiva e delle circostanze, il persistente scorrere del tempo e delle esperienze umane.

Geometrie dall’infinito rammenta all’Uomo che ogni cosa che avviene ha un principio e un epilogo, nondimeno è pure parte di un ciclo più esteso e interconnesso. Inoltre, l’infinito esorta a oltrepassare gli opposti e a tentare di trovare un’omeostasi, come pure una pars construens tra le dicotomie che caratterizzano l’umana esistenza.
La Pars construens, conformemente a Bacone (XVI secolo), è la tendenza costruttiva e propositiva ad affrontare qualsiasi dinamica dell’esistenza. L’infinito riproduce l’opportunità di fondere quanto appare antitetico e contrastante, rivelando un punto di convergenza e di armonia. L’infinito, ovvero una fenomenologia ontologica e immanente nell’essere umano, che lo sollecita a valicare i recinti della propria intelligenza razionale e a individuare una congiunzione con qualcosa di più esteso e soprannaturale.
È un archetipo ecumenico che tratteggia l’eternità, la ripetitività delle cose e la eventualità di passare oltre gli opposti.
Nello spazio dell’infinito interiore (Labirinto esistenziale), il soggetto si trova al cospetto di un’enormità di occasioni e possibilità. È l’universo dove si possono percorrere e verificare disparate emozioni, connessioni e percezioni. È un universo riservato, esclusivo e individuale, che può risultare arduo da descrivere o illustrare al prossimo.
L’infinito interiore si rivela tramite i rapporti e le reciprocità con gli altri. È un incessante scorrere di impulsi e percezioni che si spostano intimamente in qualsiasi essere umano, producendo un’aggrovigliata concatenazione di esperienze e intuizioni. Però l’infinito interiore non è esclusivamente un territorio di emozioni positive e gradevoli. È ugualmente un terreno dove si palesano le fobie, i dubbi e le angosce dell’animo umano. È una zona buia e indecifrabile, dove si possono rinvenire i lati più tenebrosi di sé stessi, il proprio Minotauro, la propria sostanza negativa, dalla quale nessuno è archetipicamente escluso.

Tuttavia, l’autore, moderno Teseo, permette di percepire che è realmente in questo infinito interiore che l’individuo può scoprire la sua reale natura e originalità. È uno spazio dove si può svestire e accogliere sé stessi, con tutte le proprie incoerenze e carenze. In definitiva, dall’estetica massiana, si deduce che l’infinito interiore è un itinerario individuale che qualunque essere umano deve iniziare per emancipare chi è veramente.
È un dinamismo sensoriale che consente di perlustrare e verificare il proprio universo interiore, di collegarsi con gli altri e di edificare la propria identità nel fluire degli anni. È un’esperienza irripetibile e rara che rende effettivamente umani, non prima, tuttavia, di aver debellato il proprio Minotauro.

In questo testo, l’autore esplora, de facto, la relazione tra matematica ed emozioni umane. Egli asserisce che i sentimenti umani non possono venire delucidati o determinati tramite algoritmi rigorosi, bensì sono pulsioni totalmente emotive. I sentimenti umani sono articolati e illogici, somiglianti alle reciprocità tra particelle elementari e universi paralleli.
L’autore sottolinea che le plurime sfaccettature di un cristallo raffigurano le disparate configurazioni in cui si rivela la problematicità dell’esistenza quotidiana. Siffatte configurazioni vengono condizionate da principi relazionali e illogici che governano le interazioni e le interdipendenze tra le particelle elementari e gli universi paralleli. Questi principi sono caratteristici della natura umana, che è contraddistinta da un’incessante aumento di conoscenza e da un’indagine di teorie universali.

Tuttavia, l’umano intelletto viene costantemente seguito da interrogativi, i quali pressano il soggetto a individuare aggiuntivi chiarimenti e a farsi domande sulle proprie consapevolezze.
In tale maniera, ascrivendo una soggettiva ermeneutica al messaggio di Massimo Massa, l’intelletto umano si approssima alla perfezione geometrica del cerchio, figura che rappresenta l’armonia e la totalità nella geometria euclidea. Il cerchio, id est principio, centro, perfezione, divino. Esso non esibisce né un principio né una fine, non mostra angoli, di fatto è icona di continuità, immortalità, infinito, fluire del tempo e dell’esistenza. Il cerchio è altresì icona di ogni cosa che appartiene al celeste: il Cielo, l’Anima, l’Illimitato, Dio.

L’autore si domanda se sussistano formule esatte per vivere le emozioni umane, bensì non arriva a trovare una sentenza assiomatica. Finalmente, l’autore adotta una posizione scetticamente nichilista rispetto al quesito, però asserisce pure che sarebbe arduo congetturare sentimenti assolutamente piatti e razionali. I sentimenti umani sono un infinito sconosciuto, in contrasto sia con ciò che è limitato sia con ciò che è illimitato.

Geometrie dall’infinito, ovvero proiezioni e linee in divenire in concentrica spirale.

È quanto distintamente afferma Massimo Massa. Le “geometrie dall’infinito” si riferiscono a un postulato geometrico nel quale proiezioni e linee si evolvono in un modellato di spirale concentrica. Nella geometria dall’infinito, le proiezioni fanno riferimento al processo di estensione di una linea in una determinata direzione. Tali proiezioni possono venire concepite come raggi che si propalano dal centro della spirale concentrica. Le linee, invece, si sviluppano seguendo la strada della spirale concentrica, avvolgendosi intorno al centro e centrifugandosi all’infinito. Tale geometria può venire valutata come una riproduzione allegorica dell’infinito, dove le linee e le proiezioni si dilatano senza fine. La geometria dall’infinito ventila altresì un’idea di dinamica e metamorfosi, poiché le linee si sviluppano e si trasformano lungo la spirale concentrica.

Geometrie dall’infinito, vale a dire un libro affascinante con cui l’autore, sagacemente, elicita alla riflessione sulle dimensioni infinite e sul costante, eracliteo divenire sia dell’Uomo sia dell’universo.

Mauro Montacchiesi
scrittore, saggista, critico letterario