Contatti | Log-in contatori per siti web gratis

È l’attimo nel quale il sentire giunge al suo culmine che il poeta avverte, ineluttabile, l’urgenza di fissare per l’eternità lo stato di puro assorbimento sensoriale delle emozioni e dilata al massimo l’umana dimensione spirituale. Ed è quell’attimo, inafferrabile e impossibile da perpetuare, che Massimo Massa con la sua abilità nell’uso della parola scritta, riesce a rendere tangibile ed accessibile ad altri. All’ora sesta il Nostro identifica il convergere delle sue esplorazioni veicolate alla meta dalla mente e dal cuore e la loro trasformazione in poesia, prima avvertita come primaria necessità di esistere nell’infinito universo e subito dopo, volontà di condivisione per affermare la sua appartenenza terrena al mondo dei sentimenti che ogni giorno vivono e si manifestano ma che in molti restano allo stato embrionale senza espressamente prendere voce. Poco importa sapere se nella realtà l’ora sesta è un riferimento ben preciso nell’arco delle ventiquattro ore nel quale il poeta ha vissuto la sublimazione della sua esistenza o è un mero riferimento di elevazione attraverso la poesia recuperato dalla preghiera nella tradizione ebraica e cristiana.

Non è solo l’esigenza di scoprire oltre, ogni volta sempre di più, che spinge il poeta alla ricerca di risposte al perché dell’esistenza ma la consapevolezza delle lusinghe delle carezze della vita inframezzate dalla pesantezza dei passi nel suo incedere che lasceranno profonde orme sulla sabbia a testimonianza della fatica del vivere. “Aspettando l’attimo che verrà” è al tempo stesso esortazione a scoprire i tesori della vita e indagare l’oltre, celato alla nostra umana natura, raggiungibile attraverso le esperienze che ci stimolano ad indossare ogni volta “Un’altra pelle” senza dimenticare ciò che è stato già impresso sulla pelle dell’anima.

Un impeto di continua libertà non privo per suo contro, della paura di andare avanti perché “Nel mio domani” il presente, a volte, resta affossato dalla tragicità inspiegabile di violenze subite. E nascono sentimenti contrastanti “Fuori e dentro me” ma, il tempo incalza e la vita nonostante le disattese aspettative, avverte “Quel senso d’infinito” che si nutre dell’insaziabile voglia di andare avanti. Non bastano le brutture e il respiro pesante che deve sopportare “Un’anima riflessa” nell’indifferenza di un universo che da fuori non coglie cosa, ad essa, si muove dentro. Nell’oblio del silenzio si consuma il dramma di una adolescenza abusata “Per una vita ed oltre” rompendo per sempre gli equilibri che rendono consapevoli del diritto ad esistere con pari dignità. Una vita, in tanta parte di mondo, orfana di se stessa e “I bambini di Aleppo” sono angeli dimenticati da Dio con il loro destino già scritto, ineluttabile come quello di tante donne “In ascesa libera” oltraggiate da ogni forma di violenza ma che non perdono la speranza di riscattarsi. La stessa speranza che “Sotto il sole di Kabul” alimenta la fame d’amore malgrado la sete di denaro spazzi via vite in nome di una guerra che non lascia il tempo per dirsi addio. Nonostante questo, il futuro si propone con forza nel presente di ciascuno ed il legame con il passato non impedisce il “Ritorno a capo”, la ricerca continua dell’attimo più intenso e dell’immortalità, celebrata in “Ricordami di te” perché l’esperienza del già vissuto non deve frenare ma essere spinta al di là del limite conosciuto, elevarsi “Ad alta quota” fino a sfiorare il battito vitale dell’universo. Superare in “Sette giorni per l’eternità” la fisicità dell’amore e trascenderne i confini in qualsiasi direzione per scoprire la ragione dell’esistenza.

La volontà mai paga di raggiungere spazi inesplorati di Massimo Massa non si nutre solo dell’impeto che nel suo DNA lo esorta a lanciare lo sguardo sempre un passo oltre il terreno già calpestato, l’aria già respirata, il sogno già concretizzato ma con un processo di determinata estrinseca-introspezione attinge alla realtà del quotidiano vivere nelle sue manifestazioni più abbiette dove l’uomo distrugge ciò che la natura ha creato, quindi l’uomo stesso e tutto ciò che ha saputo costruire. Un processo dove cessano i battiti del cuore e il silenzio irrompe di fronte a tanta umana malvagità superata oltre “Quella linea in diagonale” solo dall’indifferenza che spazza via sentimenti ed emozione e “Sulla rotta del ritorno” l’incapacità di comprendere se stessi si tramuta in sconfitta per chi cerca la propria anima oltre il confine disegnato da leggi che non tengono conto del dolore dell’umanità. La sensibilità diviene la chiave di lettura che in queste “Naufraghe derive” ricongiunge l’io all’anima, superando quella distanza “A pochi attimi da me” dove si realizza la simbiosi tra vita fuori e vita dentro, buio e luce, fame e sazietà, sonno e sogno, incubo e realtà. Ma mai cadere nell’equivoco di considerare sentimenti di seconda mano quelli di coloro che non li manifestano al mondo secondo i canoni e i rituali stabiliti.

“Nel dormiveglia delle rose” che faticano a sbocciare, percepiamo, lo stesso intenso profumo che le rende il simbolo della bellezza per eccellenza. Nella sua indagine razionale, il Nostro approda alla tesi che “Ogni istante che verrà” altro non è che il frutto della speranza attraverso la quale ognuno di noi tenta di recuperare ciò che è stato perso in passato. Nessuna risposta sarà mai trovata per giustificare la distruzione che l’uomo scatena contro se stesso e quando ”Scenderà sera sopra Gaza” il contrasto tra la ricerca di un’esistenza più sublime e le nefandezze umane ammanterà di silenzio l’incapacità di comprendere la prigionia dei propri limiti. “E non mi basta” tenere racchiusi tutti i perché dell’esistenza ma la purezza e la libertà dell’anima saranno la ricompensa all’anelito primordiale a fare parte del creato come “Granuli composti” in virtù di quella perfezione che la dimensione umana può sfiorare ma mai appropriarsene. È la libertà del sentire, propria di ognuno di noi, che annulla i confini fisici e “Sulla rotta del ritorno” poco importa l’andare o il tornare quando il luogo che ci accoglie è sempre e comunque quello della nostra interiorità.

In questo perenne cercare se stesso il poeta riesce a vivere in simbiosi con il suo mondo reale e spirituale, “Due mondi nello stesso spazio” e in quell’attimo si celebra l’ora sesta. Ma l’attimo pur nella sua più ampia fruizione lascia subito, tra se e il poeta “La distanza di sei gradini” e continua caparbio il tentativo di unirsi nuovamente all’apice della parabola dell’esistenza. Una nota di tristezza in questo continuo scandagliare nell’animo umano ma spronata da una spinta positiva di chi vuole credere che nonostante le brutture della vita esiste una congiuntura tra l’adesso e l’eternità che può essere colta e goduta. “In proiezione del presente” il futuro diventa infinito e s’affaccia la paura sostenuta dalla speranza che affiora nell’estenuante ricerca di risposte, che la fine fisica non corrisponda alla fine di tutto il vissuto e in “Me ne andrò in silenzio” resta aperto l’interrogativo su ciò che resterà di noi nel nostro passaggio terreno, “Nel tempo assente” nella continua ricerca tra l’essere effimeri od eterni. Per scongiurare “L’ombra del silenzio”, il non essere mai esistiti, il poeta ribadisce che tornerà ogni anno come le rondini al nido, secondo un rituale che in “Cercami” asserisce esser finalizzato al concretizzare la sua esistenza nella misura in cui la sua mancanza sarà desiderio per chi vorrà ricordarsi di lui.

Nel continuo confronto tra vita e morte, “Inferno” è per il Nostro rinunciare durante la vita terrena all’amore dato e ricevuto rifugiandosi in una solitudine di vuoto e di paura. In “Tracce di me” c’è la grandezza della realizzazione concreta ed umana che l’atto d’amore può compiere nella vita presente e sancirne la continuazione dopo la fine terrena. Un confronto che raggiunge un’altra sua vetta, l’ora sesta, in “Lupa” tra il fascino misterioso dell’incognito piacere agognato e il suo raggiungimento attraverso i piccoli gesti d’amore nonché di esplorazioni intellettivo-sensuali.
Una ricerca del senso dell’esistenza che evolve il velo di tristezza nel languore di un compiacimento tra il certo e l’incerto d’essere un piccolo “Granello di mare” di fronte all’immensità della vita universale che “Tra un respiro e un battito” cerca di rendere indelebile il proprio esistere. È “Unica” l’esistenza, come la natura in tutte le sue manifestazioni, e nel suo tentativo di estendersi oltre i limiti consentiti all’essere umano, il Nostro si convince che è partendo dall’introspezione “Dentro te” sedotto dal fascino della conoscenza in tutte le sue forme che si può aspirare a dilagare nei temi più alti dell’esistere. Con la mente ed il cuore ben radicati nella terra delle proprie origini, “Canosium” e “Apulia” dove immagini, sapori, odori e sentimenti diventano linfa che rinnova continuamente la voglia di conoscere chi siamo e godere del suo assoluto All’ora sesta.

Marzia Cagnacci
poetessa, scrittrice