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Quale meraviglioso sentimento è l’assenza! Sentimento allo stato puro, palpito dell’anima, sogno, immaginazione, concentrato di emozioni che rifiutano l’idea di privazione di qualche cosa o di qualcuno. L’assenza è ricchezza, stato di grazia, condizione di libertà che consente di veleggiare con la fantasia verso orizzonti senza confini e senza tempo, sprigionando la creatività sempre in agguato in ciascuno di noi.
L’assenza – afferma Marcel Proust – è la più sicura, la più efficace, la più viva, la più indistruttibile, la più fedele delle presenze.
Rinfrancato dalle parole del grande scrittore e critico letterario francese, dopo un primo momento di perplessità determinato dal titolo di questa silloge di Massimo Massa – Nel tempo dell’assenza – mi sono immerso nella lettura dei suoi versi e ritemprato lo spirito peregrinando in una vaghezza quasi incantata, letteralmente trascinato lungo sentieri dell’anima colpevolmente e troppo spesso esiliati alla periferia dei miei pensieri e delle mie riflessioni.

Che meraviglioso sentimento è l’assenza che ci regala Massimo Massa con i versi di questa sezione, L’assoluzione! Riesce a farci cogliere, girovagando attraverso il tempo, il senso autentico della vita, scevra da incrostazioni mondane ed effimere, proiettata alla ricerca di un oltre e di un altrove carichi di speranza (Oggi il tempo è andare oltre).
I versi si rincorrono in una gradevole successione di sentimenti che, a una prima lettura, sembrano disorientare e, forse, anche far vacillare le nostre certezze di uomini. Ma, poi, ci catturano e ci avvincono le attese e le prospettive, gli orizzonti sconfinati: (...) cercare…/ un invisibile orizzonte/ appeso al niente (…);
le spiagge, il mare e le maree: (…) E mi arriva il mare/ lungo gli argini del fiume/ spettinati dai gabbiani (…);
le stagioni: Passerà anche l’inverno/ tra queste scie d’inchiostro;
le albe e i tramonti: Terra fredda/ mi arriva tra le mani…/ di un tramonto/ d’arancio e di cobalto/ imploso nell’altrove;
la nostalgia e la riconoscenza per la propria terra: Non ebbi che conforto/ dai colori della mia terra…/ dal profumo del mare/ e dalle pietre arse (...).
È una deriva esistenziale, una transumanza dell’esistenza che ci conduce attraverso i percorsi della vita lungo i quali Massimo Massa confessa di smarrirsi: (...) prendo tempo/ nel mio continuo andare/ senza approdo.
E, ancora, l’esaltazione del silenzio, estasi onirica, non già mancanza di suoni e di voci, si offre come premessa ideale per focalizzare l’assenza, per la sua percezione e per i tentativi di conquistarla.
Nel silenzio trascendente/ si dissolve quel profilo delle cose/ tra la linea degli eventi/ e la somma dei miei anni/ inconsistente.
Ma anche il tempo – entità misteriosa che accompagna e scandisce la nostra quotidianità – sembra non dare tregua all’autore che, dal suo canto, mostra di non potervi rinunciare: Oggi il tempo è andare oltre; mi fa sgomento il respiro del tempo; mi manca il tempo; oltre ogni limite nel tempo indiviso delle oltranze.
L’oltre, l’altrove incombono: sono luoghi virtuali cui il poeta aspira e verso i quali avverte un richiamo intenso e profondo. E si pone il problema del “quando” l’ineludibile traguardo sarà raggiunto: Verrà il giorno/ in cui riempire la valigia/ nell’attesa di quel treno/ che non avrà fermate/ né arrivi né confini.
Non solo, ma Massimo Massa quasi si spinge fino a suggerire il luogo in cui quel treno dovrà fermarsi: L’ultima volta voglio che sia/ all’ombra delle rose/ in quest’autunno che non muore (…)
Sono versi, questi di Massa, che ci consegnano qualche inquietudine: l’autore sembra volersi abbandonare alla deriva della vita, lasciandosi trasportare dagli eventi, proprio in quella dimensione dell’assenza che tanto lo intriga, conscio che difficilmente riuscirebbe a condizionarla o a controllarne esiti e rotta. In assoluta sintonia col titolo della silloge, Nel tempo dell’assenza.
Averne scritto con piglio lirico e accenti a volte accorati a volte rassegnati, fa emergere maturità umana ed emozionale. Ha evitato di affidarci versi contaminati dai toni della lamentazione, della nostalgia, della paura dell’avvenire, intraprendendo la strada, certo più ardua ma anche più affascinante, di una prospettiva insolita, originale e suadente qual è quella delle assenze.
Massa sollecita a riflettere, rimettendo la sua esperienza alle considerazioni del lettore. Lo fa, riuscendoci con maestria, impiegando una scrittura di elevata dignità letteraria, composta, austera, priva di fronzoli e inutili orpelli, “giocando” molto sulla punteggiatura che, volutamente “avara” rispetto alle consuete regole della grammatica, diventa valore aggiunto dell’impresa poetica.
Si tratta di una singolarità stilistica che conferisce alla silloge senso di libertà e respiro universale che indirizzano il lettore verso interpretazioni personalizzate. Si viene a determinare un iniziale sconcerto che si trasforma, ad un approccio più meditato e meno frettoloso, in un coinvolgente esercizio che si dipana sulle ali dell’indefinizione, delineando un’accattivante atmosfera di mistero, di enigma, di arcano.
Così che ciascuno finisce col sentirsi protagonista di un suo proprio viaggio nel seducente mondo delle assenze che si fanno creatività, contagiando piacevolmente chi abbia deciso di confrontarsi con la poesia di Massimo Massa.

Duilio Paiano
giornalista, scrittore