Definire avvolgenti le liriche di Massimo Massa significherebbe sminuirne non solo il valore poetico ma, soprattutto la melodia che si avverte allorquando la lettura dei versi viene ripetuta più volte. E più si rileggono e più si insinuano nell’anima del lettore con una semplicità estrema, al pari di un piccolo ago proteso ad attraversare un velo.
Le sue metafore abbagliano il cuore e la mente e lasciano dietro di sé la scia che insegue una stella cadente, quella luminosa scia che non si separerà mai dalla stella e durerà sino a quando, giunta al suolo, perderà la sua luce.
Non ci vuole poi molto per definire Massimo Massa un poeta lirico che canta l’amore e lo canta perché ama.
Si intravedono, nei suoi versi, la reciprocità di un sentimento espresso attraverso un coacervo di sensazioni. La sublimazione del contenuto affettivo conduce alla reciprocità, ma una sottile tensione, espressa sommessamente tra un verso e l’altro, va a scontrarsi con una incolmabilità che porta al tormento, alla malinconia e alla proiezione della sua realizzazione del sogno nel sogno.
“Me ne andrò oltre il mare di te” – scrive in una lirica – “Ti aspetterò al tempo del tramonto” – in un’altra – “Ricordami di te” – in un’altra ancora.
Tutti versi che appaiono quasi una elegia delle rimembranze che vanno poi a confluire con i temi principali delle liriche e con uno stato d’animo dolente ma fantasticante a un tempo; un succedersi a volte tumultuoso di ricordi accorati e nostalgici, registrati nel loro svolgersi.
Non manca nelle liriche di Massimo Massa una spasmodica ricerca protesa a voler quasi esorcizzare il dolore che gli brucia nell’anima, non disgiungendolo però da accoratezza e tenerezza di una fin troppo evidente comunione di anime.
“Sillaba d’oriente che di notte discerni le tue malinconie verso approdi incerti”: sono versi che racchiudono senza ombra di dubbio il passaggio nella vita del poeta di momenti difficili, non per reale consistenza quanto – forse – per una forma di pessimismo comunque diverso da quello leopardiano, perché quello di Massimo credo sia circostanziale e riveniente dalle contingenze della vita.
Un ottimo lavoro, dei versi che parlano al cuore, delle metafore particolarmente pertinenti e uno stile chiaro e leggibile anche se, come in tutta la poesia di questo mondo, tutto ciò che va letto non sono le parole, ma quello che tra le righe l’anima ha voluto esprimere.
Antonio Montrone
poeta, saggista, attore e regista teatrale
Presidente del Forum degli Autori di Corato (BA)