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La notte delle lanterne

Maria Elena Didonna

 



Io credo che la poesia sia espressione di verità profonde in cui il poeta mette a nudo la sua anima, non certo per sterile esibizionismo, ma per puro desiderio di condivisione. È quanto accade a Maria Elena Didonna nella sua prima pubblicazione dal titolo “La notte delle Lanterne”, in cui la giovane autrice conferisce spessore ai suoi versi, pienezza di sentimenti, dolore, amore, ma soprattutto è un confessarsi senza finzione alcuna, per scavare nella profondità delle proprie emozioni, lacerando il dramma della vita, sempre diverso e sempre uguale, che esonda e invade la nostra quotidianità. C’è sofferenza e amarezza per l’asprezza della verità, per interrogativi non addomesticati e non addomesticabili.
Non si tratta certamente di una poesia di nicchia, impenetrabile e oscura, ma piuttosto di una poesia che sboccia e si apre al lettore, attraverso un linguaggio allusivo, eclettico a tratti, rinnovata nella strutturazione semantica del verso. Credo che vada letta ed interiorizzata con attenzione, per integrarla nel proprio Io, altrimenti c'è il rischio di banalizzarla, di non comprenderla.
Non ci si aspetti di trovarvi immagini realistiche, piuttosto monologhi lirici; né che rispetti la sintassi convenzionale. Si percepisce infatti una idiosincrasia per i versi banali, quasi una insofferenza per le regole e gli schemi estetici. Per contro, nelle sue poesie, si respira spesso un clima legato alla temperie poetiche del tempo, che si offre spesso con tensione epica e mitologica, per affidare al verso il compito di proteggere e scoprire verità del passato. Questo è il contenuto più immediato delle sue poesie, apparentemente pacate, ma cariche di una visione positiva, che abbraccia la natura, l'uomo, l’amore, un condensato di ingredienti assemblati con i propri occhi, la propria mente e il proprio cuore: è lei stessa infatti la protagonista del suo dire poetico.
Maria Elena Didonna passa da una tematica all’altra con non poche contaminazioni e giochi linguistici; una poesia colta e al tempo stesso popolare, semplicemente umana, aperta al dialogo con le realtà del mondo, al di là delle infinite gabbie dell’immaginazione. Ha un passo tranquillo, un ordinato controllo del pensiero, una ironia sottilissima che è anche un modo di rispettare i suoi personaggi, come nelle poesie scaturite dalla riflessione sulla mitologia classica. Basti pensare ad Animi audaci, a Il sonno di Calliope, musa della poesia epica, a L’illusione di Morfeo, divinità mitologica dei sogni; solo per citarne alcuni esempi.
La Didonna fa poesia dunque, perché convinta che sia lo strumento migliore per affrontare la prosopopea dei luoghi comuni. È questo il nuovo filone che la nostra autrice ci propone con un magistero stilistico particolare, quasi in controtendenza. D’altronde stiamo parlando di una giovanissima poetessa, ancora intenta negli studi universitari, che sicuramente hanno influenzato la sua poesia, tanto da catalogarla come letteratura di erudizione inserita in una poetica sperimentale, che recupera il senso epico, musicale e civile della parola.
Tutto questo significa scrivere in modo semplice ed essere profondi al tempo stesso, a mio parere, gli aspetti per cui vale la pena leggere questo libro, purché ci si accosti con grande rispetto e in punta di piedi al suo complesso disegno poetico, per cercare di capire in che relazione si pone l’autrice rispetto al resto della poesia contemporanea.