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Maria Teresa Infante

Il richiamo - L'appartenenza

 



“Il Richiamo”, di Maria Teresa Infante, è un romanzo di notevole spessore, sospeso tra cronaca, saggistica e letteratura. Un libro che celebra il legame emozionale del protagonista, Peppino, con la propria terra natìa, con la memoria del passato, i luoghi in cui è cresciuto, con gli affetti a lui più cari. Una descrizione artistica che colma la narrazione linguistica in un insolito affascinante desiderio di chi non può attendere di consumarne la lettura.
Avvincente e convincente, una fitta trama di simbolismi e di precise “istruzioni” che mirano alla presa di coscienza individuale in una riuscita metafora proiettata nell’ambiente e nella storia della Capitanata, regione geografico-culturale della Puglia, l’antica Daunia, odierna provincia di Foggia che comprende il Tavoliere e il Gargano. La narrazione si basa su una profonda conoscenza dei luoghi e dei valori umani e culturali che sono proprie delle genti del sud; una storia con il piglio del testimone diretto, che riguarda un’intera generazione di giovani del dopoguerra e che assume, a tratti, i contorni di un’autobiografia collettiva nel dramma dell’emigrazione. Con squisita sensibilità artistica, l’autrice trasmette la sua capacità di cogliere il senso più intimo dei colori, degli odori, dei suoni, degli umori e delle parole, dei piccoli gesti, delle tradizioni ancestrali, per ritrovare la bussola della vera identità e riscattare le virtù civili e morali soffocate dal gioco materialistico dell’Italia di quel periodo, mediante la riconquista e la riscoperta delle proprie origini e il senso della propria vita, perché ritornare alle proprie radici equivale a cercare conferme, a certificare la propria identità.
La presenza di personaggi molto diversi tra loro, ma sorprendentemente importanti l’uno per l’altro, dona all’intera opera una sua completezza che non limita il racconto ad una scontata conclusione, tutt’altro; piuttosto conduce ad una scoperta della verità e della parola che la presenza di figure femminili e maschili, quanto mai ben definite, rendono possibile. Ogni personaggio custodisce un suo passato e vive il suo presente fino a trovare alimento per andare avanti, per guardare al futuro, per continuare ad essere. Con mano felice, Maria Teresa Infante conduce i vari personaggi lungo una vicenda appassionata e appassionante; senza mai perdere di vista la totalità dell’opera e senza cedere al mero piacere narrativo. Tutti minuziosamente descritti nel loro aspetto fisico, nella loro psicologia e nei ruoli che assumono all’interno della famiglia.
Un genere letterario che si incunea nel percorso della narrazione, creando momenti di particolare interesse che incuriosiscono il lettore tenendolo legato fino all’ultima pagina. Il romanzo, a metà tra storia e ricostruzione autobiografica, è anche una fedele descrizione degli ambienti, delle credenze, della scala di valori che ispirava l’esistenza del popolo italiano d’allora; una attenta esplorazione degli atteggiamenti umani, descritti analiticamente nei gesti e nella comunicazione. Non manca nemmeno un’intensa delicatezza nell’affrontare il tema sentimentale nei rapporti all’interno delle varie contestualità.

Potrei liberamente definire “Il Richiamo” – sottotitolo “L’appartenenza” – un romanzo sull’accettazione, sull’essenza delle cose, sulle scelte di vita. Delicato, morbido, attento, emozionante, rivela tutta la sensibilità che risiede nella penna professionalmente matura e poetica di Maria Teresa Infante. È pur vero che la parola è sempre un’approssimazione della realtà, ma possiede vita propria e se lo scrittore, come nel caso dell’autrice, ha ricercatezza linguistica e stilistica, ne intensifica l’esistenza. Non la deprime. La rafforza.
Sintatticamente infatti, i periodi sono generalmente brevi, le frasi sono armoniosamente costruite in una architettura linguistica ispirata ad un uso meticoloso dei connettivi, ad una scripolosa distribuzione della punteggiatura e ad una precisa organizzazione lessicale orientata sempre alla chiarezza espositiva e alla semplicità comunicativa. L’ampio ricorso all’aggettivazione dei termini e delle espressioni, talvolta dialettali, com’è d’uopo nell’ambientazione del passato, alle similitudini, alle scrupolose e particolreggiate descrizioni di un paesaggio, di una situazione, di un personaggio, conferiscono al romanzo quella leggerezza che si esprime in una percezione semantica direi quasi sinestetica della realtà: tutto fa emergere una scrittura letterariamente perfetta, rispondente ai canoni dei generi narrativi consacrati dalle grammatiche colte e ricercate.

Nei libri cerco calore umano. Nella scrittura cerco empatia. Chapeau Maria Teresa Infante.