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Le porte chiuse

Patricia Monica Vena

 



Sono quasi mai favorevole alle note introduttive dell’autore, perché mi fanno pensare ad una certa nostomania che l’autore stesso ha per il proprio testo, quasi fosse sua volontà non condividerlo del tutto nell’affidarlo ai suoi lettori. Preferisco sempre una certa ambiguità, preferisco che non ci siano segnali, che sia il pretesto per accendere l’interpretazione e la fantasia che scaturisce dall’incontro tra il suo pensiero e la parola, tra la sua anima e quella degli altri.
E l’immagine del cammino, della continua ricerca che conduce all’incontro con la parola, è molto cara a Patricia, poiché rappresenta per lei uno stato di necessità. Anzi, direi che concretizza la ragione stessa del suo libro, in cui il susseguirsi cadenzato di racconti è un percorso lungo le proprie strade e per i propri luoghi, che non sono mai immaginari e immaginati, elaborati come vuoti, isolati, ma intensamente abitati da mille destini e mille personaggi. Un cammino attraverso il tempo e lo spazio, storie di incontri strani, ricordi e nostalgie, di miracoli imprevisti e gesti minimi che poi divengono emblematici.
Vorrei dare un breve accenno, spiegarmi e restituire la percezione e l’immagine che ho avuto nel leggere i racconti di Patricia, sulle sue composizioni figurative, sui fotogrammi del reale appartenenti ad una tradizione pittorica che le è propria e che usa come sfondo per incollarvi o riprodurvi, con la tecnica del fotomontaggio, profili a lei noti, contorni, figure e ritratti di persone che hanno avuto un percorso significativo nella sua vita e che rappresentano la ricerca delle sue origini e radici. Le piazze, le strade, i luoghi comuni, le stanze vuote si animano e si popolano della sua gente; tutto si basa su un sottilissimo e tenue filo di figure, profumi, gesti evocativi, piccoli miracoli e improvvisi mutamenti dell’anima.
Patricia nei suoi racconti non teme il confronto con le parole e, in un certo senso, le lascia libere di creare prendendo spunto dall’immediata fantasia e dall’orizzontalità della lettera. Fa della parola “immagine”, che si accompagna a musica. Non fredda geometria di simboli matematici dunque, ma un impegnativo compromesso con la vita, per il quale il testo è anche di chi ha sufficiente audacia per immergersi, pur se in punta di piedi.
Venti racconti inediti, scelti appositamente per i suoi lettori. L’autrice ha selezionato storie che meglio rappresentano il suo genere, il suo stile, ogni suo pensiero trasformato in parole: la nostalgia dei ricordi, l’amore, il senso dell’amicizia, il realismo, il fantasy, lo humour, attingendone le trame dagli aspetti più strani, ma anche più metaforicamente consueti della quotidianità. Sono temi che affronta con sguardo aperto, a tratti sarcastico e beffardo sulla natura della vita umana; gusto del mistero, fantasia, giochi letterari, attrazione per l’inusuale e l’inedito: è difficile dire cosa maggiormente contraddistingua il variegato stile letterario di Patricia Vena.
C’è tutta se stessa in questo libro, in un concentrato che la fa scoprire estremamente interessante; senza mai celare il privilegio di cui gode: la scrittura, come strumento per rendere reale l’immaginazione.
Il libro è un compendio calibrato ed esauriente del percorso narrativo ed esistenziale dell’autrice, una scrittrice che artisticamente ha subito una profonda influenza dal proprio paese di origine. Un libro con il quale sfida le nostre convinzioni più profonde e ci stupisce con la sua abilità letteraria, i suoi punti e contrappunti, in cui rilevante appare la componente autobiografica, il bilancio di una vita dedicata interamente alla ricerca di se stessa, per trovare percorsi, conferme, rivelazioni. Un libro per sentire, capire, custodire e trasmettere il significato del vissuto in un’ottica tanto profondamente umana, quanto spiritualmente intensa. Presente e futuro si intrecciano e si rincorrono attraverso i sentimenti cercando di riunire i tasselli del suo tempo per tentare di ridefinire il suo mosaico.
Non ho mai avuto la presunzione di conoscere abbastanza a fondo una scrittrice; meno che mai una donna come Patricia Vena, la cui solarità, nel suo stile letterario, si accompagna, quasi sempre, a quella dei suoi personaggi, del suo mondo, del suo essere essenzialmente viva… profondamente vera, in uno slancio di intensa valenza emotiva che svela, a ben vedere, l’essenza della sua vita nelle mille facce di un’unica medaglia che tutto assorbe, in quel disegno universale di unitarietà che solo può creare la catarsi atta a rendere il senso autentico dell’esperienza umana.
Patricia non si limita ad esporre artisticamente una narrazione di vissuti, ma a mostrare come ognuno di noi sia una mescolanza di emozioni ed esperienze che, nel riflettersi nella e dell’arte, espone la propria relazione tra sé e il mondo, trasformandosi in una mediazione da intendere, seguendo le parole di Freud, come “l’appropriazione del nostro sforzo per esistere e del nostro desiderio d’essere.