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Gabriella Nardacci

A malapena si vede l'isola di Ponza

 



Capita di imbattersi in libri talmente intensi e sorprendenti, da spogliarti della voglia di fare qualsiasi cosa che possa impedirti di restare con lo sguardo fermamente saldo sulle pagine. Capita che sappiano conquistarti e suscitare ogni tipo di sensazione. Come spesso accade infatti, è la capacità di trasmettere un’emozione o di lasciare un messaggio, una riflessione, a rendere un romanzo un buon romanzo, soprattutto attraverso i personaggi che lo popolano e lo vivono con l’intensità delle loro vicende, che intrecciano le loro vite creando una storia coinvolgente che incuriosisce e intriga.
È la sensazione che si percepisce nel romanzo di Gabriella Nardacci, al suo esordio come scrittrice; un micro mondo sospeso in una bolla di vetro, un magico substrato fatto di palpiti e sussurri, di amore e di passioni che costituiscono le fondamenta su cui si erge l’intera narrazione. “A malapena si vede l’isola di Ponza” è un romanzo rosa assolutamente non banale, che insegna a non dare mai nulla per scontato, delicato e avvolgente, grazie soprattutto allo stile dell’autrice che riesce, con un linguaggio personalissimo, a catturare fin dalle prime righe. Ed è proprio questo stile narrativo che lascia il segno: quella semplicità che aiuta il lettore ad entrare nelle pieghe della vicenda, che rende piacevoli, più di quanto non risulterebbero se fatte in altro modo, le innumerevoli parti descrittive.
Non è ciò che racconta ad essere particolare, ma il modo in cui lo scrive. Frasi sincopate, mutuate talvolta dal gergo dialettale, chiusure che vengono riprese dall’incipit del capitolo successivo; un flusso continuo che percorre una strada diritta, come un fuso nel telaio, e quando meno te lo aspetti, quando già stai per assaporare quello che può sembrare un finale scontato, ecco che c’è la deviazione, ecco che si resta stupefatti, perché poi comprendi che le cose non sarebbero potute andare che in quel modo.
Un libro dal tessuto narrativo realistico che rompe gli schemi, dai toni toccanti e intimi: l’amore, le relazioni, i disagi, le coincidenze del destino, sono solo alcuni degli spunti di riflessione e dei temi trattati. Un romanzo quasi intimistico direi, in cui i sentimenti e un’accurata riflessione sui rapporti umani, sono in primo piano.
Un romanzo forte sotto ogni aspetto. Sono forti i suoi personaggi, non solo i protagonisti, ma anche quelli che potrebbero apparire secondari, che si ritrovano investiti dell’importante ruolo di essere al contempo punto di rottura e di continuità dell’intera storia. In particolar modo Gloria, fragile ma combattiva, Giulia, Ines e Giuseppe con i suoi sensi di colpa, Giuliano con la sua saggezza e Cristina, la protagonista principale, che fa da voce narrante al presente e al passato, che sintetizza efficacemente la perenne lotta interiore, spaccata a metà, tra adorazione e disprezzo, abbandono e ritorno, disperazione e tenerezza, in un ventaglio di sentimenti che, alla fine, la condurrà al trionfo dell’amore. Un personaggio a cui è impossibile non affezionarsi e dal quale prendere spunto per utilizzare tutta la ricchezza d’animo che possiede, fatta di una quotidianità che lascia un’indelebile traccia di ciò che è. È forte la trama, che cela colpi di scena imprevedibili, così come sono intense le capacità narrative dell’autrice che, con la sua penna, ci porta per mano in un mondo di emozioni trasmesse attraverso una scrittura strutturata, con dialoghi credibili e descrizioni minuziose dei luoghi e dei paesaggi, in un ritmo incalzante che invoglia alla lettura, che trasporta, che riporta ai paesaggi descritti, alle sensazioni vissute e al destino che si delinea, riga dopo riga, fino alla fine del libro quando viene sciolta la matassa degli eventi.
È una storia a tratti commovente se vogliamo, di solitudine e condivisione, di speranza e consapevolezza; un viaggio alla ricerca di se stessi per tutti personaggi coinvolti. Impossibile restare indifferenti.
In uno stile tutto personale dunque, la Nardacci racconta gli intrecci dell’amore, perché l’amore, quando è vero, può tutto, anche superare i sensi di colpa e le contraddizioni. Così come è vero l’amore tra Cristina e Giuliano, che va al di là di ogni cosa, che li vede coinvolti in un sentimento oltre il tempo e le distanze. L’amore... è questo il tema intorno al quale ruota in realtà tutta la vicenda. Ma quanto si può davvero capire e condividere di ciò che gli altri provano, se non lo si sperimenta di persona?
Già. Perché ognuno di noi è diverso, ognuno ha un proprio modo di vivere, di sentire le emozioni, di reagire e spesso è difficile far comprendere agli altri cosa si sente e come ci si sente.

Cosa resta alla fine della lettura del romanzo? Beh… credo sia, senza ombra di dubbio, la sensazione di avere tra le mani qualcosa di etereo. La Nardacci ha il grande pregio di riuscire a trasmettere sensazioni, in un modo profondo e passionale, non comune a tutti. Non si limita a esporre graficamente una traduzione di vissuti, ma a mostrare come ogni autore sia un coacervo di emozioni e di esperienze che, nel riflettersi nella scrittura, espone la propria relazione tra sé e il mondo. Solo così un romanzo può trasformarsi in una mediazione, ovvero un atto di pensiero e di riflessione, da intendere, seguendo il pensiero di Freud, come “l’appropriazione del nostro sforzo per esistere e del nostro desiderio d’essere”.